Non si lascia Catania. Si impara a viverla.
Ci sono luoghi che scegli e altri che ti scelgono.

Quella MALEDETTA CATANESE di AS lo sa bene. 32 anni, Catania l’ha scelta due volte: la prima da adolescente, la seconda da adulta. Poteva andarsene — il lavoro fuori città glielo permetteva — ma è rimasta. Non per nostalgia o per paura, ma per lucidità. “Restare è stata una scelta di cuore,” dice, “ma anche razionalmente giusta per la mia persona.” In una città dove molti partono e pochi tornano, la sua è una dichiarazione d’amore semplice e radicale: voler costruire qui, non altrove.
Il suo legame con Catania nasce tra i banchi delle superiori, in un edificio del centro storico dove le pietre nere insegnano più di qualunque libro. È lì che ha capito quanto la città le fosse entrata dentro: elegante ma nervosa, accogliente ma feroce, sempre in bilico tra caos e bellezza. “Credo di avere molto di lei,” racconta, “determinata, vulcanica, e a volte circondata da chi non la capisce.” Ma Catania è così: ti mette alla prova per farsi amare davvero. E Sant’Agata, con la sua festa di luce e devozione, è stato il momento in cui AS ha sentito di farne parte per sempre.
Oggi basta alzare lo sguardo per sentirsi a casa. “Mi giro e vedo l’Etna, e so che è lì.” Un vulcano come bussola, un mare come confessionale, un clima che consola e una tavola che riconcilia. Tra una granita e una carne di cavallo, tra il caldo che non molla e l’ironia che non muore, AS descrive la sua città come un’alleata: imperfetta, testarda, piena di difetti ma anche di cuore. “Andare fieri delle nostre cose,” dice, “è nel DNA di un catanese vero.”
Queste le 3 foto che AS ha voluto allegare alla sua storia



Quando le chiedono un’opera per rappresentare Catania, non cita romanzi o canzoni: sceglie il Simbolo Indipendente della Città. “Perché racchiude tutto: Etna, mare, lava, i colori e i contrasti della città.” Non è solo un marchio, ma un gesto collettivo — un segno che unisce e identifica, come una carta d’identità condivisa. AS lo vede così: un simbolo che dovrebbe appartenere a tutti, pronto a parlare per noi ogni volta che il mondo ci chiede chi siamo.

Quella MALEDETTA CATANESE di AS ci tiene a precisare: Catania non è solo casa. È lo specchio in cui, ogni volta, ti riconosci anche quando pensavi di essere cambiata.
MALEDETTI CATANESI è una rubrica che nasce per raccogliere tutte le voci: frammenti personali che diventeranno articoli sul blog di wecatania.it, pezzi di una città che vive nei ricordi, nei gesti e nelle visioni di chi la abita o la porta dentro da molto distante.
MALEDETTI CATANESI utilizza la forma dell’auto-intervista. Compilando questo form troverai sette domande semplici, pensate per farti raccontare chi sei: i tuoi ricordi, le tue abitudini, le immagini che per te sono Catania.
Non è un questionario freddo, ma un modo per metterti al centro, che lascia spazio alla tua voce e alla tua storia da MALEDETTO CATANESE. Un luogo dove lasciare traccia di chi siamo e aprire un dialogo su chi vogliamo diventare.
Alla fine ti chiederemo anche cosa pensi del Simbolo Indipendente di Catania: se lo conosci già o se lo scopri adesso, raccontaci quale ruolo immagini possa avere per la città.
Chi sei? Sembra semplice ma non lo è mai quando dobbiamo raccontarlo.
Ciao a tutti, sono AS, ho 32 anni e vivo a Catania, per scelta. Il mio lavoro, fuori città, avrebbe potuto darmi certamente più opportunità ma decidere di restare nella mia terra è sempre stata una scelta di cuore e razionalmente giusta per la mia persona.
Racconta un ricordo d’infanzia che parla del tuo legame con Catania.
Ho scoperto Catania da adolescente, in autonomia ai tempi delle superiori.L’edificio scolastico era in pieno centro storico e anno dopo anno ho capito quanto la città fosse entrata dentro di me e quante sue stesse caratteriste possedevo caratterialmente. Elegante, determinata, spesso in balia di gente che non la tratta a dovere ma sempre caparbia e sicura di sé. Accogliente e carismatica, vulcanica oserei come aggettivo che racconti entrambi. Sant’Agata è sicuramente stato l’elemento più forte di congiunzione tra me e la vera essenza della città.
Da adulto/a, cos’è di Catania che più ti manca o che non smetteresti mai di vivere?
Mi giro, vedo l’Etna e so che é lì. Il mio vero punto di riferimento, la rassicurazione di essere a casa. O di esserci arrivata, se sei stato fuori. Il clima, caldo e mai troppo freddo e piovoso in inverno. Il mare, pronto ad accogliere il tuo sguardo e i tuoi pensieri quando hai voglia di stare in silenzio ad osservarlo. La tavola calda, la carne di cavallo, la granita: andare fieri delle nostre cose e difenderle o elogiarle é nel dna di un catanese vero
Se dovessi scegliere un’opera che racconta Catania (una canzone, un libro, un film, un quadro…), quale sceglieresti e perché?
Il simbolo indipendente di Catania, di wecatania. Perché ha colori ed elementi in un solo simbolo che racchiudono l’essenza della città.
Conoscevi già il Simbolo Indipendente di Catania o lo stai scoprendo ora? Quale pensi possa essere il suo ruolo per la nostra città? –
Si, lo conoscevo. Dovrebbe essere di ogni singolo catanese, fruibile tutte le volte che concettualmente bisogna presentare o parlare della città per rendere in pochi istante l’idea. Potrebbe essere una sorta di carta d’identità di Catania, a disposizione della comunità


