Catania non ti mai lascia andare via veramente.
Ci sono città che ti crescono addosso come una lingua madre: anche se te ne vai, continui a pensarci nella loro grammatica.

Quel MALEDETTO CATANESE di Sevy lo sa bene. è nato a Catania ma da qualche anno vive a Firenze, dove studia Ingegneria Civile. Le sue giornate scorrono tra numeri, ponti e binari, ma ogni volta che parla della sua città, la voce cambia ritmo, come se tornasse su un terreno familiare. Catania, per lui, non è solo un ricordo: è una direzione, una formula che non smette di risolversi.
Quando pensa al suo legame con la città, non parla di infanzia ma di crescita. Racconta la gioia di vedere la metropolitana avanzare, un cantiere dopo l’altro, come se ogni nuovo tratto fosse un pezzo di futuro che si apriva sotto i suoi occhi. “È entrata nella mia vita e in quella di tutti,” dice. E forse è proprio questa la chiave: sentirsi parte di qualcosa che si muove, che migliora, anche solo di un passo. In una città abituata a convivere con l’attesa, ogni metro di binario posato vale quanto un sogno mantenuto.
Oggi Sevy vive tra Arno e colline, ma il paragone con l’Etna non regge: “Mi manca Catania,” dice, “ma non una cosa in particolare. Mi manca Catania, tutta intera.” È una mancanza che non si spiega, fatta di clima, voci, caos, mare. Di quella familiarità disordinata che solo chi l’ha provata può capire. A Firenze ha imparato a vivere in modo diverso, più ordinato, forse più silenzioso. Ma il suo baricentro resta laggiù, tra lava e salsedine.
Queste le 3 foto che SEVY ha voluto allegare alla sua storia



La sua Catania è un “centro di gravità permanente”. Non solo perché cita Battiato, ma perché in quella canzone ritrova tutto: il disordine e la grazia, la tensione e la calma, la città che cade e si rialza, e che pure, in qualche modo, resta in equilibrio. Catania, per Sevy, è un luogo che sbaglia e si corregge da sé, che vive di paradossi ma li chiama casa.
Quando parla del Simbolo Indipendente di Catania, si illumina. Dice che non è solo geometria, ma una sintesi: Etna, Lava e Mare in tre linee che spiegano tutto senza parole. Lo ha conosciuto su Facebook, e lo considera un emblema vero, perché riesce a raccontare fuori da Catania quello che i catanesi spesso dimenticano di dire: la propria bellezza naturale e umana. È, in fondo, un centro di gravità visivo — semplice, ma impossibile da ignorare.
Quel MALEDETTO CATANESE di Sevy ci tiene a precisare: Catania non è dove vivi, ma dove torni ogni volta che cerchi equilibrio.
MALEDETTI CATANESI è una rubrica che nasce per raccogliere tutte le voci: frammenti personali che diventeranno articoli sul blog di wecatania.it, pezzi di una città che vive nei ricordi, nei gesti e nelle visioni di chi la abita o la porta dentro da molto distante.
MALEDETTI CATANESI utilizza la forma dell’auto-intervista. Compilando questo form troverai sette domande semplici, pensate per farti raccontare chi sei: i tuoi ricordi, le tue abitudini, le immagini che per te sono Catania.
Non è un questionario freddo, ma un modo per metterti al centro, che lascia spazio alla tua voce e alla tua storia da MALEDETTO CATANESE. Un luogo dove lasciare traccia di chi siamo e aprire un dialogo su chi vogliamo diventare.
Alla fine ti chiederemo anche cosa pensi del Simbolo Indipendente di Catania: se lo conosci già o se lo scopri adesso, raccontaci quale ruolo immagini possa avere per la città.
Chi sei? Sembra semplice ma non lo è mai quando dobbiamo raccontarlo.
Ciao! Mi chiamo Sevy, sono nato a Catania e da qualche anno vivo a Firenze. Sono laureando in Ingegneria Civile indirizzo infrastrutture.
Racconta un ricordo d’infanzia che parla del tuo legame con Catania.
Catania è una città che mi ha dato tanto, anche se, in parte, mi ha tolto qualcosa. Da appassionato di trasporti pubblici, desidero condividere — non come un ricordo d’infanzia, ma come una riflessione più matura — uno dei miei ricordi più belli: la gioia di vedere la mia città crescere dal punto di vista infrastrutturale, in particolare grazie al prolungamento della metropolitana. Si tratta di un periodo della mia vita di cui conservo ricordi più belli e vividi rispetto a quelli precedenti, forse perché coincisi con una fase di maggiore consapevolezza e partecipazione alla vita della mia città. Col tempo, questa infrastruttura è entrata a far parte non solo nelle mie abitudini quotidiane, ma anche di quelle dell’intera cittadinanza che ne beneficia.
Da adulto/a, cos’è di Catania che più ti manca o che non smetteresti mai di vivere?
Devo ammettere che, vivendo a Firenze, noto chiaramente la differenza, non solo nel clima, ma anche nella percezione che si ha nei rapporti quotidiani, nelle conversazioni e nell’atmosfera generale. Con il tempo, però, mi sono abituato. Nonostante le difficoltà e i noti problemi, Catania resta sempre nel mio cuore. Per questo non voglio limitarmi a scegliere una delle opzioni proposte per dire cosa mi manca, ma preferisco racchiudere tutto, volutamente, in una sola parola: Catania.
Se dovessi scegliere un’opera che racconta Catania (una canzone, un libro, un film, un quadro…), quale sceglieresti e perché?
Centro di gravità permanente di Franco Battiato. Questa scelta perché Catania è un punto in cui convivono contrasti, bellezza e intensità, ma dove tutto trova — in qualche modo — il proprio equilibrio.
Conoscevi già il Simbolo Indipendente di Catania o lo stai scoprendo ora? Quale pensi possa essere il suo ruolo per la nostra città? –
Conosco questo simbolo già da qualche anno grazie a Facebook: a volte i social riescono davvero a offrirci spunti interessanti anche dal punto di vista culturale. Non va interpretato semplicemente come un insieme di figure geometriche, ma come un emblema che rappresenta Catania nella sua completezza. Ritengo che il simbolo, oltre a sostenere il brand “Catania”, racconti efficacemente all’esterno l’essenza della città, cosa tutt’altro che scontata se si considera la ricchezza naturale e artistica che offre.


