Catania, la città che si aggiusta da sola.
Catania non si racconta, si brontola. E in questo l’abbiamo capita solo noi, quelli che ci restano dentro anche quando provano ad andarsene.

Quel MALEDETTO CATANESE di Rob — o RobNic, come si firma lui — la vive come si vive una passione scomoda: troppo bella per mollarla, troppo storta per non criticarla. È uno di quelli che la città la studiano da vicino, che la amano fino all’irritazione, come chi prova a far pace con un’amica testarda che non vuole mai cambiare.
Da bambino scriveva al sindaco Enzo Bianco, con la grafia tonda e speranzosa di chi crede ancora nelle promesse delle lettere. Gli parlava dei nuovi autobus, di come Catania potesse diventare una città migliore, forse più puntuale, più ordinata. E quando arrivò la risposta, quella firma vera su carta vera, fu come ricevere un piccolo miracolo. Da allora Rob ha capito che la città risponde, se la chiami. Anche se a volte lo fa in dialetto, con ritardo o con un vaff… che significa “ti voglio bene lo stesso”.
Oggi, invece, la sua Catania è fatta di mare. Di mattine all’Aci Castello, del caffè che sa di salsedine e dei pensieri che galleggiano tra una roccia lavica e una risacca lenta. “Un caffè sul mare ogni giorno”, dice, “in ogni stagione”. E dentro quella frase c’è tutta la sua idea di eternità: non i palazzi, non le strade, ma il gesto piccolo e rituale di chi continua a voler bene al posto che lo ha cresciuto.

Se dovesse raccontarla con un’opera, Rob sceglierebbe “La cura” di Battiato. Perché Catania è proprio così: un amore che non si capisce ma che si aggiusta ogni giorno, come qualcosa di rotto che va sistemato con pazienza. Lava, Etna, Mare — e la voce di Battiato che suona come una preghiera laica per chi ancora crede nella possibilità di una città gentile, anche se piena di graffi.
E quando parla del Simbolo Indipendente di Catania, ride. “L’ho inventato io!” dice, “scherzo… quasi”. Perché in fondo quel segno gli somiglia: è un modo per lasciare un’impronta, un richiamo semplice e forte, che non appartiene a nessuno ma parla per tutti. Se avesse un muro bianco, ci disegnerebbe sopra quel simbolo — grande, centrale, vivo — come un modo per ricordare che Catania non si cambia dall’alto, ma dal basso. Dai segni, dai sogni, dai caffè sul mare.
Quel MALEDETTO CATANESE di Rob ci tiene a precisare: Catania non la si capisce. La si ascolta, come una canzone rotta che continua a suonare lo stesso.
MALEDETTI CATANESI è una rubrica che nasce per raccogliere tutte le voci: frammenti personali che diventeranno articoli sul blog di wecatania.it, pezzi di una città che vive nei ricordi, nei gesti e nelle visioni di chi la abita o la porta dentro da molto distante.
MALEDETTI CATANESI utilizza la forma dell’auto-intervista. Compilando questo form troverai sette domande semplici, pensate per farti raccontare chi sei: i tuoi ricordi, le tue abitudini, le immagini che per te sono Catania.
Non è un questionario freddo, ma un modo per metterti al centro, che lascia spazio alla tua voce e alla tua storia da MALEDETTO CATANESE. Un luogo dove lasciare traccia di chi siamo e aprire un dialogo su chi vogliamo diventare.
Alla fine ti chiederemo anche cosa pensi del Simbolo Indipendente di Catania: se lo conosci già o se lo scopri adesso, raccontaci quale ruolo immagini possa avere per la città.
Chi sei? Sembra semplice ma non lo è mai quando dobbiamo raccontarlo.
Rob. RobNic, Roberto Nicotra. Sono un cittadino attivo, un innamorato e uno studioso di questa città, vivo per raccontarne le anomalie e unicità mai sufficientemente note seppur così ovvie. Sono un brontolone e un criticone rispetto ad una predominante misconoscenza di cui Catania soffre sia tra i catanesi che al di fuori.
Racconta un ricordo d’infanzia che parla del tuo legame con Catania.
Una letterina scritta da bambino al sindaco Bianco, e l’emozione per la sua risposta. Parlavo dei nuovi autobus.
Da adulto/a, cos’è di Catania che più ti manca o che non smetteresti mai di vivere?
ACI castello e la scogliera. Un Caffè sul mare, ogni giorno e in ogni stagione.
Se dovessi scegliere un’opera che racconta Catania (una canzone, un libro, un film, un quadro…), quale sceglieresti e perché?
La cura di Battiato. Amore espresso e astratto per qualcosa di rotto che va costantemente sistemato.
Conoscevi già il Simbolo Indipendente di Catania o lo stai scoprendo ora? Quale pensi possa essere il suo ruolo per la nostra città? –
L’ho inventato io! (Scherzo, quasi…) È una cosa stupenda che se avessi un locale con un bel muro bianco, ce lo disegnerei al volo.


